Il neo pediatra ha sentenziato che Gnagni ha una bronchitina. Ina è sempre meglio di Ona, ma intanto un antibioticone se l’è beccato. Gnagni e gli antibiotici hanno una relazione complicata, quindi per ogni problem-ino/one abbiamo solo una soluzione.
Oggi la sua faccina si mimetizzava con la maglia bianca. Le ho infilato una felpa blu per cercare di fare un po’ di contrasto e l’ho mandata dalla nonna con un intero scatolone di giochi. E dico scatolone in quanto è molto one.
I nonni ovviamente hanno strabuzzato gli occhi quando hanno visto il super pacco rosa che arrivava, ma alla fine so che saranno contenti di farsi preparare un buon pranzetto di plastica dalla loro bambina piccolina.
Io nel frattempo ho ricominciato la mia atavica lotta con le mie ritrosie.
Dura la vita della mamma insicura.
Mi piacerebbe che tutto filasse sempre liscio così da poter essere la donna che non deve chiedere mai
Tutto ciò non perché ho un delirio di onnipotenza, ma semplicemente perché…mi vergogno a chiedere.
Finchè gli ingranaggi girano sono una bomba, tutto sotto controllo, tutto gestito al minuto, con tabelle di marcia spettacolari, ma appena arriva l’intoppo…crolla il palco.
Lo so, non sono l’unica, e so anche che non c’è nessuno meglio di una mamma che lavora a capirmi, ma chiedere un piacere per queste giornate in “modalità temporanea” mi mette sempre in uno stato di disagio misto ad ansia che mi fa vivere male questi momenti.
Che poi,oggettivamente, la portata dell’aiuto è talmente risibile che se la mia vicina di casa sapesse mai lo psico-dramma che ha preceduto la telefonata per chiederle cotanto piacere mi consiglierebbe uno bravo.
Però sono migliorata, mi do anche un Bravina perché ora, arrivata a 35 anni, pur tra mille complicazioni di cose facili, lo faccio, chiedo, non aspetto che gli altri mi leggano nella mente, o utilizzino sesti sensi strani per capire le mie necessità. Ho capito che con cortesia, utilizzando il per piacere, specificando che se ci sono degli impedimenti non è un problema, è lecito chiedere.
Timidezza, insicurezza, si lotta una vita per superarle, ma prima o poi saltano comunque sempre fuori.
Ma ci sono margini di miglioramento, e il tempo non manca (facendo i dovuti scongiuri) quindi quando sarò vecchia forse riuscirò anche io un giorno a fiondarmi dentro la macchina di un’ignara neo patentata ferma al semaforo sbraitandole in un orecchio “dai, su, inizia a piovere, portami fino a casa”. Sono esperienze che lasciano il segno. Ora ai semafori mi guardo attorno con circospezione
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