giovedì 28 febbraio 2013

Fastidi primaverili


Esistono cose che non sono gravi ma sono fastidiose.
Esistono fastidi che impari a gestire e a tenere sotto controllo e che entrano zitti zitti tra le abitudini familiari.
Proprio come il portarotoli che c’è in bagno, sai che è brutto, sai che potresti farne a meno, ma lo lasci li e quasi non lo vedi da quanto sei abituata ad averlo sotto il naso.
Però il portarotolo il giorno che ti stufi lo butti, la dermatite atopica della Gnagni no.

Anzi, la dermatite atopica della Gnagni (e non solo la sua) è caratterizzata da fasi di riacutizzazione e quando riparte in tutto il suo splendore i gesti che abitualmente facevi per tenerla sotto controllo non sono più sufficienti ed entri in un ciclo dove campeggia sopra una scritta al neon “NO PANIC”,  ma sotto si scatena il caos più assoluto. 

Fase A – presa di coscienza (ovvero autoflagellazione)

LaEle e il Signor P iniziano a rimpallare la solita storia “certo che se fossimo stati più costanti nel metterle le creme” (avremo saltato si e no un giorno), “certo che se l’avessimo lavata sempre con i prodotti adatti” (a Natale le hanno regalato un bagnodoccia di Winnie Pooh e una volta l’ho fatta contenta e gliel’ho fatto usare), “certo che se mi fossi decisa a buttare tutti i peluches” (non ho giustificazioni in merito, mi sono fatta intenerire dagli occhioni tristi delle nanette) “certo che se l’avessimo portata più spesso dal dottore” (così, per salutarlo…) “certo che se avessimo pensato di chiedere anche ad altri specialisti” (che se no si offendono se non giri un po’…)

Finite le recriminazioni inutili, si passa alla

Fase B – azione (azione che parolone!)
 
Ci sarebbe il cortisone. No, non lo metto, tengo ancora duro. Chiamo il pediatra, gli faccio controllare la secrezione dietro all’orecchio che non mi piace per niente e mi faccio fare un’impegnativa per un dermatologo pediatrico. Magari un nuovo consulto mi aiuterà anche solo ad essere un po’ meno frustrata. Sai, spendere un po’ di soldi in creme nuove può dare l’idea di far qualcosa.

Insomma, ogni primavera è così, la mia piccola Gnagni si riduce ad essere una piccola bimba con la pelle da gruviera e l’unica cosa concreta che riesco a fare quando ha gli attacchi di prurito è prenderle i polsi scorticati, massaggiarglieli, coprirli di baci e raccontarle una storia per distrarla.  Serve a poco per la sua malattia, ma di sicuro cura un po’ le nostre due anime frustrate.

Se solo i miei baci fossero medicine…questa brutta dermatite sarebbe già sconfitta

lunedì 25 febbraio 2013

Critichina d'arte mignon


In un lunedì mattina elettorale solo Gnagni può andare a scuola e le consolidate abitudini familiari vengono rivoluzionate per ovvie variazioni di destinazione.
Aribella con zaino pieno di compiti, ma anche un borsone pieno di giochi se ne va con il Signor P dai nonni P, previa tappa alla sua scuola per permettere al genitore di adempiere ai suoi obblighi costituzionali.
Gnagni invece zompetta allegra fino alla Panda dal colore fastidioso (ma che mi piace da impazzire) e mentre la Ele guida sotto un’improvvisa pioggia che ricorda un mini temporale lei gaudiamente commenta “ohhhh ma questo disegno è bellissimo”
“Gnagni sto guidando e non posso guardare”
“mamma guarda, anche questo disegno è stupendo”
“Gnagni ti ho detto che non posso guardare, non so nemmeno che cosa stai guardando”
La Gnagni non perde tempo e rincara “mamma guarda, sto guardando questo libro”.
Butto l’occhio nello specchietto e intravedo un catalogo.
“amore ma forse sono fotografie, non disegni”
“no mamma, guarda, sono disegni stupendi”
“Gnagni, se hai pazienza un minuto parcheggio. Se mi giro adesso rischio di andare adosso al papà di Luca. Vuoi che facciamo un incidente con Luca?”
Gnagni ride e boffonchia un no no e continua a sfogliare.
Arrivo finalmente davanti a scuola, parcheggio, mi giro e le chiedo “e allora, dai, fammi vedere che cosa ti piaceva tanto”.
Mi piazza davanti al naso un catalogo di cui non avevo conoscenza prima di stamani, inserto del giornale della nostra ridente cittadina, decantante le bellezze artistiche della cittadina suddetta.
Gnagni piena d’entusiasmo lo apre e mi dice “guarda


Ma di chi è figlia sta Gnagni? Sti cavoli. Un po' impegnativo sto disegno per una quattrenne

lunedì 18 febbraio 2013

Febbraio, quando siamo arrivati?


Due settimane fa pensavo al fatto che questo febbraio mi aveva già rotto e che avrei dovuto scrivere un post per esorcizzarlo e invitarlo a finire in gran fretta.
Per fortuna febbraio ogni 3 anni si impegna a finire prima di tutti gli altri, e il giorno in più che si aggiunge il quarto anno non mi fa una gran differenza, ma si vede che sono diventata come le mie figlie, l’insofferenza verso una lunga attesa è direttamente proporzionale alla lunghezza dell’attesa.

“Quando siamo arrivati?” mi viene la pelle d’oca solo a scriverla, ma due sincronizzate figliole sono capaci di pormi ripetutamente, con vari toni, accompagnata da sbuffi e frigni, in coro o singolarmente, ma comunque mai sotto voce, questo quesito ogni santo viaggio che la famiglia P decide di intraprendere.
Con ogni santo viaggio intendo anche lo spostamento verso il centro commerciale. Immaginiamoci per andare al mare. Però c’è un però. A loro onore devo dire che sono brave sul fronte della proporzionalità.
Se si va al centro commerciale la domanda scatta al primo stop davanti a casa. Se si va in vacanza, kilometraggio totale 730 km, la domanda arriva dopo 400 km e non è una cosa da poco.
Conosco amiche che vanno in ferie entro un raggio di 200 km in quanto prive di figli dotati di pazienza proporzionale, quindi devono far fronte alla situazione con il solo aiuto della loro pazienza massima e quindi fanno un cerchio sulla cartina e li dentro si muovono.

Detto ciò, ribadisco il concetto che febbraio già nella prima decina mi aveva sfinito.
In principio davo colpa alla campagna elettorale, pensavo che una volta arrivato marzo ci saremmo tolti tutti un gran peso dallo stomaco. Poi è iniziata la settimana n 7 del calendario e tutto quello che la mente più fervida poteva immaginare è successa e quindi sette giorni si sono trasformati in 25 giorni mentali. Facendo conto che viaggiavo ormai da mesi con 20 gg di scarto (tipo “toh è Natale, ma non era appena iniziato dicembre?”) mi sono riequilibrata e ora SO che oggi è il 18 febbraio e che mancano 10 giorni per finire sto benedetto mese. Che poi non voglio fare la tignosa, mi basta arrivare al 26 mattina per rasserenare un po’ l’animo ed evitarmi continui travasi di bile ogni volta che accendo la tv.

Bene, buona settimana, che sia priva di iperboli, picchi e choc. Che la noia sia con noi.

mercoledì 6 febbraio 2013

Compleanni, elogio peloso e rendiconto di giornata confusa



La Mianipotinabella oggi compie 9 anni. Mi sono dovuta mettere d’impegno per calcolare esattamente l’età…9 anni iniziano ad essere tanti eh! Lei ha un posto speciale nel mio cuore, perché è stata la prima, perché è stata sfortunata nel parto e nel dopo parto. Il suo primo anno di vita è stato un calvario. Sono quelle esperienze che quando ci ripensi ti vengono gli occhi lucidi istantanei e ti devi però costringere a visualizzarla ora, bellissima com’è, sana, intelligente e scaltra per scacciare via quel peso dal cuore.
Aribella la adora, hanno un anno e mezzo di differenza e quindi per lei è sempre stata un mito.
La Mianipotinabella è nata il giorno del compleanno del nostro cane. Chi non ha avuto cani non può capire quanto ha significato questo per noi tutti. La nostra piccola batuffolina è rimasta con noi per più di 12 anni. E’ morta di vecchiaia quando Aribella aveva 3 anni circa, eppure in casa nostra è come se ci fosse ancora. Tutti i peluches si chiamano Linda, ogni cane immaginario delle bimbe si chiama Linda, e persino il linguaggio in casa dei miei è rimasto impermeato di lei.
Quando di pomeriggio mio papà faceva il riposino si metteva sul divano e chiedeva a mia madre “Mi lindi?” voce del verbo lindare, ovvero stendere una coperta sul ventre paterno, stendere un vecchio lenzuolo e ivi trasportarvi 5 kg di cagnolina. Ecco ora il mio papà si linda, senza Linda.
Mia mamma c’ha messo più di tre anni a decidersi a riconvertire la nicchia dove c’era la sua cuccia a ricovero per l’aspirapolvere. Io stessa tengo nel cassetto del comodino un paio di foto della mia Lindina. Provo quel misto di nostalgia e gratitudine verso chi mi ha accompagnato per un pezzo importante e significativo della mia vita.
Quindi oggi è naturale pensare alla Minipotinabella, sorridere immaginandola felice per la sua festa, ma è anche naturale per noi tutti rivolgere un pensiero a quel piccolo fagottino di pelo. Buon compleanno tesori belli.

Aperta e chiusa la piccola parentesi dei compleanni odierni, parliamo della giornata di ieri.
Io non c’ho mica capito molto. Sarà che mi hanno tolto una certa quantità di sangue di prima mattina per fare nuovamente i controlli allergici, sarà che avevo già il ciclo di mio, fatto sta che ho avuto la sensazione di svenire per tutta la giornata e negli sprazzi del mancato svenimento è successo un po’ di tutto senza filo logico. Aribella si è alzata con il mal di testa e per non saper ne scrivere ne leggere il SignorP, padre designato alla gestione delle infante in sostituzione materna, l’ha portata dai nonni.
Ovviamente alle 12.30 era vispa come la  VispaTeresa. Io ero cotta come la CottaTeresa e in più avevo il peso eccessivamente inutile sul cuore del non aver consegnato i soldi della piscina in tempo utile alla maestra. Lo scrivo, lo penso, lo leggo, ma non mi capacito, di quante storie mentali mi sono fatta ieri mattina per sti benedetti soldi. Ma nemmeno li avessi dovuti dare ad Equitalia l’avrei presa in maniera così storta in una giornata normale, ma a quanto pare ieri di normale non avevo nulla.
Quindi per farla breve, alle ore 13.00 sfruttando la pausa mensa mi sono preparata per portare sti benedetti soldi a scuola. Aribella ha preso il grembiule, lo zaino e si è presentata sulla porta.  L’ho guardata, c’ho pensato un attimo e poi mi son detta “e perché no?”. Quindi ho consegnato busta monetaria e figlia particolarmente diligente ad una basita bidella di scuola. Ma quando mai mi risuccederà d’avere una figlia che scalpita per tornare a scuola e “per lo meno posso fare le lezioni del pomeriggio, perché purtroppo ho perso quelle del mattino”.  Il resto del pomeriggio è trascorso tra compiti da recuperare, visita e chiacchiere dei miei genitori, piccola Gnagni un po’ frignottante per la stanchezza, continue censure di Aribella al vocabolario condito di mio padre, dieci discorsi insieme, due sole orecchie e un cervello che non decriptava a dovere il tutto. Ore 20.30 ero a letto, finalmente svenuta con diritto nel mio lettone.
Rileggo il tutto e mi dico “Ele, non hai mica fermato l’acqua con le mani”, ma ieri era tutto fatica fatica fatica che mi stanco al solo pensiero di quanto era fatica.
Non c’ho più l’età per essere privata di 8 fialette di sangue senza conseguenze.