martedì 30 aprile 2013

A colloquio con le maestre di Aribella

Che cosa serve ad una mamma per assorbire meglio un colpo? Ma ovviamente una bella botta di autostima a colloquio con le maestre di Aribella.
Come mamma sono molto poco incline a gongolarmi ma molto molto incline a criticarmi. A dire il vero sono anche bravissima ad essere ipercritica nei confronti delle infanti. Già so che a 13 anni scriveranno sul loro diario "io odio mia madre"...ma oggi non ci voglio pensare perchè ho deciso che scriverò un post per gridare ai quattro venti quanto è brava mia figlia.

Lo scorso anno Aribella era brava a scuola, ma aveva accusato qualche problema nella chiacchiera un po' troppo libera e ci aveva messo un attimo ad ingranare con la lettura. Non era stato un passaggio semplice e meccanico come ci aspettavamo.

Quest'anno invece Aribella ha preso le misure a tutto ed è proprio sbocciata. La pagella a febbraio era andata veramente molto bene, ma questo colloquio per me ha avuto una valenza maggiore. Sarà stato il mio animo un po' abbacchiato, bisognoso di una ventata di positività, ma sentirmi dire che è chiaro e lampante che la mia bambina ama profondamente la scuola mi ha dato una gran carica.

Le maestre sono state dolcissime, orgogliose di parlare dei risultati eccellenti, ma anche di sottolineare quanto fosse maturata in un anno la mia cucciola. Mi hanno detto che le potenzialità si vedevano già lo scorso anno, ma Aribella aveva bisogno di prendere le misure, di giocare ancora un po', di capire per bene i limiti che la scuola elementare imponeva. In un anno ha superato gli atteggiamente infantili e giocherelloni, è diventata un animaletto assetato di informazioni e nozioni. Ha saputo convogliare la sua curiosità in ciò che imparava e quindi è diventata terreno fertilissimo per la gioia delle maestre.

Bimba bella di mamma, magari siamo all'apice della sua carriera scolastica...ma io me lo godo tanto questo momento :-D Quando alle superiori si cambierà musica tornerò a rileggermi questa paginetta di diaro e sorriderò a ricordarmi la mia bella bambina dagli occhi vellutati e intelligenti, che corre a scuola con la gioia di sapere che sta facendo una cosa bellissima.

lunedì 29 aprile 2013

Forse qualcosa ci cambierà

Io non so cucinare. Non sono una brava cuoca. Non ho alcuna cultura alimentare.

Prossimamente dovrò imparare a capire che cosa normalmente mangiamo, di che cosa sono fatti i cibi che ingeriamo, cosa nascondono le etichette con gli ingredienti. Dovrò rivoluzionare il mio approccio alla cucina, dovrò imparare ad essere più attenta e dovrò soprattutto trasmettere ed educare le mie bambine a questa nuova concezione del cibo.

Quando Aribella ha iniziato a lamentarsi del mal di pancia aveva poco più di due anni. Corrispondeva al periodo dello spannolinamento e alla nascita della sorellina. Il pediatra di allora le fece fare le analisi del sangue, delle urine, delle feci, l'ecografia ai reni, ma visto che tutto era nella norma attribuì questi contunui mal di pancia a una condizione psicologica di particolare attenzione al transito intestinale, dovuto all'arrivo della sorellina. Aribella da brava stitica annunciava con una mezzoretta d'anticipo il fatto di dover andare in bagno.

Tutto questo è proseguito fino a Pasqua quando il nostro nuovo pediatra ci ha ordinato le analisi del sangue per cercare gli Antitranglutaminasi.
Ecco, fino all'esito di una prossima (non so però quanto imminente) gastroscopia non possiamo averne la certezza, ma la percentuale che Aribella sia celiaca è molto alta.

Son passati 10 gg da quando l'abbiamo saputo. Mi è passata la risata isterica delle prime ore (per fortuna...non sembravo nemmeno furba), mi è passata la paura per i prossimi esami che dovremo far fare ad Aribella (passata...esagerata...diciamo che mi sono rassegnata alle mega scenate che arriveranno), ho iniziato a combattere con il senso di colpa di ogni suo singolo mal di pancia (deve continuare a mangiare regolare fino all'esame e ora soffro assieme a lei ogni volta che ha male) e ora riesco a parlarne e quindi a scriverne.

La prima considerazione è che i tempi lunghi della diagnosi hanno un loro perchè. Se da un giorno all'altro mi avessero detto di partire con una dieta gluten free non avrei saputo nemmeno da dove iniziare. Un mesetto da autodidatta per imparare i rudimenti, seguito da un secondo mesetto di istruzioni di gastroenterologo e dietista creano le basi perchè anche la mamma più ignorante del pianeta possa diventare la miglior dietista per sua figlia...o per lo meno lo spero.

La seconda considerazione è relativa al pediatra nuovo che deve aver aperto una crociata personale contro il glutine. Quest'inverno ha diagnosticato la malattia ad un compagno di classe di Aribella. Ora è toccato a lei. Se anche lei venisse confermata sarebbero gli unici due celiaci in tutta la scuola...due nella stessa classe, ciò significa che o la seconda A è particolarmente sfigata oppure ci sono un sacco di celiaci che non sanno di esserlo...per lo meno fino a quando non finiranno sotto le grinfie del nostro neo pediatra.

Intanto attendiamo il 3 giugno quando avremo la prima visita. La mamma del compagno di Aribella mi ha già istruito sull'iter che ci attende. Quindi già so che quel dì le urla di Aribella scuarceranno le nubi e apriranno le montagne, ma super mamma Ele sarà li a fianco a lei (miope perchè senza occhiali...meglio essere previdenti) la abbraccerà forte forte la terrà ferma cercando di rassicurarla il più possibile, e alla fine la consolerà...tutto questo per il primo prelievo. Per la gastro...non c'ho ancora pensato. Probabilmente riusciremo ad aprire i mari...

Ah...non avevo precisato che Aribella ha una fobia cronica di aghi e dottori? Fortunella mamma Ele...ma soprattutto medici e infermieri che prossimamente subiranno danni permanenti ai loro timpani e dovranno seguirla indossando i parastinchi.

Dulcis in fundo...analisi del sangue per tutta la famiglia perchè c'è pure una componente ereditaria.

mercoledì 24 aprile 2013

Don't worry be happy now...tu tu tu tu tu tutuutttuututtuut


Questa settimana la segretaria del boss è in viaggio per lavoro. Questa settimana ci sono trattative molto importanti con due americani che da lunedì stazionano in sala riunioni. Io sono ufficialmente mezza vice della Segretaria.  Mezza in quanto faccio part-time, quindi nessuno pretende che faccia la Vice per intero.
Di solito questa carica si limita al portare gli aggiornamenti mattinieri al boss e a fare dei caffè quando ha ospiti.
Ovviamente solo al mattino. Ecco, gli ‘mericani nel pomeriggio sviluppando la loro indipendence intrinseca nel DNA hanno preso dimestichezza con la macchinetta del caffè indi ragion per cui stamani al mio “Do you wanna a coffee?” mi hanno risposto “no thank you I will do by my-self”.
Ottimo, questi si che sono fighi.
E fu così che La Ele e uno dei fighi investirono mezzora della loro vita a combattere contro una macchinetta impazzita.
Che magici momenti.
Problema numero uno. Come si dice incastrato in inglese? Non mi era mai successo di utilizzarlo. Fossi un pompiere mi potrebbe servire un “The key got stuck in the lock”, vocabolo molto utile  e direi indispensabile anche per un fabbro, ma per una vice mezza segretaria che in maniche di camicia (ovviamente bianca) traffica con una macchinetta, una cialda e una spatolina che dovrebbe tentare di disincastrare la suddetta cialda con l’aiuto dell’indipendence figo che con le mani extra large sconquassa la povera macchinetta e riaccende la corrente venti volte (forse mi voleva fulminare) un triste e intermittente “it is…it is…inc…castrat…it is…” è il massimo che esce.
Problema numero due. L’indipendence figo avvilito come si consola? Pacca sulla spalla, sorrisetto di circostanza, è sufficiente un “Dont’worry” tralasciado il Be happy che ti viene in simultanea?
Problema numero tre. Perché il figlio del Boss ha fatto la faccia scazzata (come si dirà in inglese?) quando al suo arrivo gli ho suggerito di non utilizzare la macchinetta del secondo piano perché in attesa dell’assistenza? Mica posso dare la colpa al mio amico ‘mericano. Perché diciamocelo, quell’intensa mezzora ha sancito una specie di frattellanza cameratesca tra la mezza segretaria e Mr USA. Cioè ci sta tutto che questo quando rientrerà negli States racconterà per filo e per segno come aggredire il mercato americano con le nostre macchine e poi ridendo racconterà alla moglie la storiella di io, lui e la Nespresso in panne. A noi George Clooney ci fa un baffo.
Problema numero quattro. Puzzo ancora tanto di fondi di caffè. Mi sono lavata le mani, eppure odorano ancora come se avessi fatto la manicure con una moka.

Che botta di vita

venerdì 19 aprile 2013

Colpita e affondata


Ieri avevo il ciclo, quindi avevo mal di testa. Un mal di testa di quelli epici, tipo corona di spine con inserto d’acciaio posato e stretto da sapienti mani sulla mia testa. Insomma, stavo una favola e facendo conto che da quando ho questa maledetta orticaria non posso prendere nessun antidolorifico…mi son tenuta il mal di testa (come cortesemente indicato da quella brava donna della dermatologa).
Ho preso le bimbe a scuola, ho portato Aribella a ritmica e poi non contenta sono andata con Gnagni a far spese. Mentre facevo manovra con l’auto e sudavo quelle 100 mila camicie grazie al non servasterzo e agli 8000° che madre natura nel giro di 5 giorni ci ha donato, borbottavo tipo pentola di fagioli “mamma mia che fatica, mamma mia come sono stanca, mamma mia che mal di testa, non vedo l’ora che arrivi questa sera, voglio solo andare a letto, veramente non ce la faccio più”.
Alle mie spalle una voce serafica, serena e un po’ divertita ha constatato “tu dici SEMPRE queste cose, sei SEMPRE stanca e hai SEMPRE mal di testa”. Nessun accenno di accusa, solo constatazione. In pratica una coltellata in pieno petto. Mi sono sentita aprire il mondo sotto i piedi.
Ho respirato a lungo, a fondo, ho provato ad ossigenare il più possibile il cervello e cercando la voce più rassicurante e quasi divertita in commercio ho tentato di rispondere un falsissimo “davvero? La mamma non se n’era nemmeno accorta, allora non lo dirà più”.
Considerazione a) è vero non me n’ero nemmeno resa conto
Considerazione b) magari fosse vero che non lo dirò mai più
E così da ieri pomeriggio ho un magone grosso come un brutto rospo grasso che mi soffoca la gola. Avrei voglia di piangere, avrei voglia di credere nella mia promessa che non lo farò più, avrei voglia di dare la colpa a qualcuno, ma alla fine della fiera so che se piango non risolvo nulla, che per quanto mi impegnerò momenti come quello di ieri torneranno e io con ogni probabilità non avrò la forza di tapparmi questa boccaccia e fondamentalmente la colpa me la tengo io e basta, perché anche se la dessi a qualcuno non mi risolverebbe il problema.
La Ele infantile ieri si è anche fatta sentire con un “ma non è vero che sono sempre così, e tutti gli altri giorni che faccio tutto con il sorriso sulle labbra non contano?” per fortuna La Ele infantile non può parlare, non ha diritto ad utilizzare la siddetta boccaccia che di danni ne aveva già fatti. La Ele analitica l’ha quindi zittita, ha sgridato La Ele brontolona, ha scrollato La Ele emotiva  e ha preso in mano la situazione.
Un netto peggioramento c’è stato, è inutile negarlo. Sono una brontolona. Posso dare la colpa al fatto che quando ho male l’unica cura è “se lo deve tenere signora”, senza contare il fatto che sono ben 6 mesi che ogni santo giorno prendo gli antistaminici e che per quanto abbia tentato di cercare quelli meno pesanti come controindicazioni spesso mi accada di svegliarmi con una profondissima stanchezza che mi toglie il fiato. Però io non voglio essere così. Sono arrabbiata e frustrata perché io non ero così.
Il SEMPRE di Gnagni è relativo, lo so anche io che non tutti i santi giorni e minuti della mia esistenza li passo a lamentarmi e a fare la lagna, però mi colpisce il fatto che lei mi abbia percepito così.
A volte quando vengo sopraffatta dalla stanchezza e dal dolore mi lascio andare a queste cantilene inutili, e ora me ne vergogno profondamente. Una mamma agli occhi del bimbo non è mai stanca, non è mai concentrata su se stessa. Mi fa soffrire che Gnagni invece abbia colto questa mia debolezza.
Come faccio ad uscire da questa empasse?

venerdì 5 aprile 2013

Gnagni pedala da sola, io ci provo da un po'


Sono state settimane intense, settimane dove la tristezza e l’ansia per gli eventi negativi che accadevano a delle amiche mi allontanavano dalla voglia di scrivere sciocchezze o amenità. E per pudore non potevo scrivere di loro e dei loro cuccioli, quindi la Ele non trovava altra soluzione che tacere, star loro vicina e pensare con intensità che la salute dei figli è una grazia che si da un po’ troppo spesso per scontata. 

Le mie cucciole. Eh si, le mie cucciole che crescono,  che sono la mia gioia e la mia vita. In questi giorni ogni tanto mi osservavano stranite quando passando accanto a loro e non mi trattenevo dall’acchiapparle in una morsa stile wrestling che finiva di un bagno di baci schioccanti sulle guanciotte pienotte. Loro ricambiavano, perché per mia fortuna non siamo una famiglia stitica di attacchi simili, ma probabilmente si chiedevano come mai la frequenza era incrementata così repentinamente.
Be', di troppi baci non si consumano mica, quindi proseguirò in questa attività finchè non mi passerà questa sottile paura che qualcosa possa girarsi in negativo.
E anche quando sarà passata…continuerò, anche perché finchè si fanno sbaciucchiare, mammina apprezza e approfitta.
E comunque una cosa  bella bella bella dovevamo festeggiarla, e quindi il tripudio di baci cadenti ha avuto il suo massimo splendore martedì, nel primo (e quasi unico) pomeriggio senza pioggia, di questa triste primavera umidosa.
Gnagni ha imparato a pedalare senza rotelline. Emozione grande!!!!
Per dovere di cronaca preciso che fa dei piccoli tratti, non sa ancora partire, prosegue solo in rettilineo e quando deve curvare mette giù i piedi perché il freno non sa ancora nemmeno che cos'è.
Però sono orgogliosissima della mia tappettina.
Ed è stato tutto così semplice, come è sempre stato con lei. Io con Gnagni non ho veramente mai fatto fatica con nulla. Penso che sia una questione di comunicazione, è una bambina molto sicura di se, decisa, e senza “fisime”, assomiglia moltissimo a suo papà in questo e penso di aver sempre trovato la maniera giusta di comunicarle le cose.
Indicazioni chiare precise, fiducia in lei e nei suoi mezzi e lei va che è un piacere.
Con suo papà invece è una tragedia. Si scontrano, si prendono a scornate e lui tutto arrabbiato mi dice “ma è una zuccona, faccio una fatica con lei!” e a me vien da ridere, perché invece io la vivo in maniera molto diversa. Eppure lo capisco, perché con Aribella a volte provo la stessa frustrazione. Aribella è più complicata e sensibile. E’ una bambina dolcissima, bravissima, giudiziosa, si impegna tantissimo in tutto e sa dare delle soddisfazioni enormi, però devo stare più attenta a quello che dico, a non sottovalutare il tono della voce, a non sottovalutare come sta lei in quel momento e se per caso si arrabbia…ahhhh non ne veniamo più fuori. Ok, lo ammetto, mi assomiglia. E poi è la primogenita e questa cosa non è da sottovalutare. Tutto quello che fa lei vale 110 perché lo fa per lei stessa e per insegnare a me a fare la mamma. Con Gnagni invece vivo un pochino di rendita e forse riesco a dare una dimensione più giusta a quello che fa o dice.  
Prendiamo la fase terrible two, fase che mette in equilibrio precario la sanità mentale di ogni povera famiglia, davanti ad una Aribella strepitante sono rimasta nell'ordine stupita, basita, perplessa, spiazzata, disorientata. In quei mesi ho navigato a vista per riuscire ad arginare i capricci, per scoprire come fare ad evitarli, per uscire da dei trip mentali che noi due eravamo bravissime a ficcarci dentro.
Con Gnagni invece ero pronta e al primo accenno di bambina scalciante e urlante spalmata sul pavimento non feci altro che scavalcarla e dirle con voce tranquilla e serena “la mamma è in cucina, quando ti è passata vieni pure di la”. 
Ecco ora la faccio facile, però Gnagni era così, una volta sfogata arrivava saltellante e mi diceva “mamma, mi sono tranquillata”. Non ho ricordi di scenate epiche o psicodrammi. Ci  sono state eh, mica è perfetta, però io avevo già accettato e metabolizzato che un fagottino profumato e sorridente si doveva prima o poi trasformare in un fagottino urlante e prepotente. Avevo metabolizzato che era una fase “sana”, che non succedeva nulla di grave, e che era importante per la sua crescita.
Peccato che la primogenita davanti non possa trovare una mamma già “imparata”. Di certo ha trovato una mamma che ha condiviso con lei tutte le fasi in maniera molto (pure troppo) profonda e coinvolta.
Ho il vago sentore che tra qualche anno qui ne vedremo delle belle, però per ora mi godo queste piccole belle novità.

Un martedì con il sole, Gnagni che in garage prende la bici con le rotelle, io che invece la invito a provare la bici da grande, lei che sale, pedala, si fa sostenere e quando sente la sua mamma gridare di gioia sgrana gli occhi perché si accorge che sta pedalando da sola. Questo voglio tenere dentro di me di quel martedì.