giovedì 29 novembre 2012

Caffeina




I love coffee

Mi potrei fare una maglia con questa scritta. E’ strano, ho scoperto il caffè relativamente tardi quando a 22 anni ho iniziato a lavorare, prima non mi piaceva.
Direi che ho recuperato il tempo perduto. Ultimamente mi rendo conto che ne bevo parecchi. Ogni volta che mi si presenta l’occasione non lo disdegno, anzi. L’altro giorno in sala d’aspetto della dermatologa fissavo con bramosia la macchinetta del caffè. Mi sembrava d’essere una drogata in crisi d’astinenza, eppure avevo bevuto un cappuccino un paio d’ore prima al bar. Solo il timore di essere chiamata dalla dermatologa con bicchierino fumante in mano mi impediva di investire quegli ennesimi 50 cts e allora la mia mente vagava e vaneggiava scenari infausti “pensa se mi dice che sono allergica al caffè…come faccio a resistere? Non ci potrebbe essere nulla di peggio”.
Ecco, la catastrofe è stata sfiorata, ma la scure si è abbattuta su qualcosa di altrettanto utile, necessario e salvifico.

Quando io sto male che cosa faccio?

  1. Creo un ambiente caldo, confortevole, in penombra, e mi infilo sotto il piumone a dormire confidando nell’autogestione delle piccole donne e dando buca al lavoro
  2. Arraffo un antidolorifico, lo trangugio senza acqua, e aspetto con ansia che passi la prima mezzora per riuscire per lo meno a tenere gli occhi aperti senza l’effetto spillo piantato sulle palpebre e poter gestire con i minori danni possibili la giornata lavorativa e quella casalinga

Io per i prossimi due mesi minimo diventerò una 2. monca del pezzettino più importante.
Sono uscita dallo studio medico con la faccia da cane bastonato. Perché la mia amica pasticchetta mi ha fatto questo???? Perché tutto ad un colpo dopo avermi sostenuto per lo meno in quei giorni li, e avermi salvato da terrificanti mdt ora mi ha fatto questo brutto scherzetto?
Sono diventata sensibile agli antidolorifici/antinfiammatori. “signora d’ora in avanti se ha male se lo tiene”. Era meglio rinunciare al caffè.
Detto ciò. E’ stato riabilitato il vestito Petrolchimico. Tutti gli alimenti che avevo pazientemente valutato e segnato su una lista. Anche l’essenza di Timo che da un po’ mettevo nella lavatrice. Tutto ok. Solo Addio pasticchetta. Compagna di pochi (per fortuna) giorni infelici che d’ora in avanti saranno molto più infelici e dolorosi.
E tutto ciò stride terribilmente con quello che mi ha detto un infermiere al pronto soccorso un mese fa per un dolore muscolare. “Signora, prima di ridursi ad essere piegata in due per questi dolori prenda un antidolorifico” Simpatico lui, m’ha tirato la macumba.
Amica orticaria è ancora in pieno splendore. Devo bere tanta acqua, cambiare l’antistaminico.
Novembre è quasi finito…grazie e per fortuna.

Piccola nota su una delle infanti. Ieri Aribella sembrava una molla saltata. Non oso immaginare che giornata deve aver fatto passare alle maestre. Alle 16.00 parlava ai 100 all’ora, era incapace di stare ferma in un posto e con la mente lucida e sveglia spaziava in mille direzioni. Ok, non che di solito sia ferma e zitta, ma ieri sembrava avere un surplus di adrenalina. Alle 9.00 del mattino probabilmente faceva anche i fuochi d’artificio con la sola forza del pensiero. Da un “mamma, oggi era proprio la mia giornata, le maestre facevano una domanda e rispondevo solo io” ho capito che probabilmente a malapena alzava la mano e sparava fuori la risposta senza ritegno verso i compagni…energiaaaaa.
Alle 20.00 anche Gnagni non vedeva l’ora d’andare a letto per poter staccare la spina dal ciclone Aribella. Un futuro da caffeinomane non glielo leva nessuno

mercoledì 21 novembre 2012

Accettare se per capire lei


In terza elementare ho preso la mia prima nota. Giocavo assieme al mio compagno a far rotolare sul banco la gomma a forma di cartello stradale che si trovava come sorpresa nelle merendine del Mulino Bianco mentre la maestra spiegava i faraoni.
Ricordo perfettamente la profonda vergogna mentre stavo in piedi alla lavagna guardando incredula la maestra che scriveva una nota sul mio diario e mi incalzava invitandomi a ripetere che cosa avesse spiegato lei poco prima. Stavo in piedi, la guardavo con gli occhi pieni di lacrime e un nodo alla gola che mi impediva di proferire parola anche se dentro al mio cervello “urlavo” per filo e per segno tutta la lezione.
Perché io avevo ascoltato tutto, non ero distratta anche se apparivo distratta.

Mia figlia Aribella è così. Mai prima di ieri pomeriggio me ne sono resa così profondamente conto. Prima di entrare a colloquio con le maestre ero stranamente agitata. Le altre mamme mi dicevano che ero esagerata, perché di certo Aribella non aveva problemi di rendimento scolastico. Avevano ragione, ma questo già lo sapevo. Quel senso di stretta allo stomaco era dovuto ad una cosa più sottile, più profonda, più mia.
L’inevitabile sottolineatura del carattere troppo esuberante di Aribella mi colpisce, sempre, profondamente.
Aribella è esuberante tanto da far fatica a stare al posto, giocherellona tanto da nascondersi Cuccioli & Co dentro la cartella e tirarli fuori nei momenti più sbagliati a scuola, chiacchierona tanto da mettere in croce lo sventurato che gli appioppano a fianco e farlo sbagliare per stare dietro a tutti i suoi sproloqui.
E poco importa che sia intelligente, sveglia, empatica, simpatica, dolce e un po’ insicura. Quello è tutto archiviabile con due secondi di colloquio. E’ chiaro a me ed è chiaro alle maestre, e quei pochi minuti di colloquio servono a tutte noi per evidenziare strategie per poter gestire la parte più esplosiva di lei. Eppure ieri mi sono sentita ricevere sulle spalle un peso enorme. Come faccio io a contenere ma preservare una parte così evidente e dirompente di lei per tentare di evitarle quell’"umiliazione" che dopo 27 anni riconosco come la prima grande delusione.
Perché per capire lei, mi sono calata in me bambina, e quel ricordo mi ha invaso con tutta la sua forza. Io ero esattamente così. Proprio come le maestre ieri me l’hanno descritta. Sembrava che non ascoltassi e poi ero più presente di chi fissava immobile la maestra. Sembrava che la mia sedia avesse gli spilli, perché la costrizione di stare seduta a lungo mi era insopportabile. Quella che per la maestra era una lunga chiacchierata a me sembrava lo scambio semplice e veloce di cose essenziali e non prorogabili.
Eppure ci sono riusciti ad addomesticarmi. Ma se penso a quale prezzo mi sale in gola un NO deciso e cattivo.
Io ero così perché mi sentivo a mio agio, sicura, protetta e felice. Quindi potevo esprimere me stessa senza remore. A pensarci bene è una cosa bellissima, ed io delle elementari ho questo ricordo così ovattato, dolce e sicuro, con qualche sbandata si, ma fondamentalmente con la supervisione di un occhio paziente e affettuoso.
Ci hanno pensato alle medie ad addomesticare quella parte così spontanea di me. Ecco, vorrei solo che lei non dovesse passare un calvario del genere.
Quindi bando alle ciance, gli obbiettivi ora mi sono chiari. Ho davanti 3 anni per lavorare sulla mia bambina meravigliosa, aiutarla a trovare il giusto equilibrio tra la sua indole e le buone regole del vivere in comunità e a farsi un po’ di corazza per magari riscattare il mio io bambina, umiliato, denigrato durante gli anni più brutti della mia vita.
Che cosa prova mia figlia? Non lo so, non lo posso sapere, ma so che cosa ho provato io, e provo a partire da qui per cercare di aiutare lei. 

lunedì 19 novembre 2012

Domenica

Il mio salotto è pieno di persone. Persone che hanno un valore speciale per me.
Nel layout della mia quotidianità si mescolano amici che vengono da lontano nello spazio e nel tempo e mentre osservo tanti visi felici, animati da voglia di raccontare, visi sereni, visi eccitati e ridenti, mi sento bene. Mi sento felice perché è uno di quei momenti per i quali vale la pena lavorare tanto.

Questa è la fotografia che mi porto dentro della mia domenica speciale. Al di la della cronaca, al di la di tutto quello che potrei raccontare, questo è quello che provo quando ripenso a ieri. Un momento nel quale mi sono presa 30 secondi per osservare i visi che avevo davanti a me, capire quanto fossi felice, e poi rituffarmi nelle chiacchiere per cercare di non perdere un attimo di quelle poche ore assieme.
Ci sono amici che si ribellano agli anni e ai kilometri di distanza.
Ieri guardavo due signore belle come vent’anni fa sedute una accanto all’altra con la testa china per poter sentir meglio quello che avevano da dirsi. Bisbigliavano complici, ridevano ricordandosi aneddoti, si facevano serie e parteci del dolore dell’altra perché nell’arco di 10 anni la vita non regala solo matrimoni e nipoti.
Ogni tanto alzavano la testa verso di noi, le figlie cresciute, le figlie diventate mamme, le figlie che erano poco più che bambine quando si erano conosciute e prescelte per diventare amiche al di la degli anni e delle distanze. E anche loro erano diventate amiche, perché c’era un’alchimia speciale quando ci si trovava tutti assieme ogni meraviglioso agosto di quegli anni spensierati. Proprio come quei due signori che fumavano fuori nel mio terrazzo, un po’ più grigi di vent’anni fa, ma sempre compagni di sigaretta e chiacchierata in stretto dialetto veneto.
Sette donne e quattro uomini nel mio salotto, castagne, giocattoli, grida di bambine felici ed eccitate.
Ed è tutto così naturale e bello, come se non fossero passati 10 anni da quando i nostri genitori si sono visti l’ultima volta. Eppure siamo in un posto diverso, in una stagione diversa, in un’età diversa.
Io e te, invece, ci siamo guardate bene dal perderci, mia bella BiondaIstriana, abbiamo seguito le nostre strade cercando il più possibile di tenerci agganciate dentro le nostre vite, perché ognuno prende la propria via, ma ha sempre bisogno di figure stabili, sicure che evolvono con lei.
Ieri ero felice, perché dopo vent’anni stare assieme a voi era ancora più bello, perché il tempo arricchisce e regala attimi come questi.
Grazie amica mia

giovedì 15 novembre 2012

Risolto il mistero (?)

Dopo 15 giorni di orticaria forse ho capito da cosa è dovuta e come risolverla.
Questo autunno il mio guardaroba è cresciuto di un pezzo. Valutando il fatto che non sono una donna fashion victim, anzi, direi che lo shopping non è il mio interesse principale e quando c'è da tagliare sui costi la mannaia si abbatte su quella parte di vita, il fatto che mi fossi regalata un vestito (tra l'altro BELLISSIMO) era di per se un evento.
Quando il corriere me l'ha portato, perchè nemmeno la fatica d'andare a cercarlo in negozio ho fatto, Aribella era più emozionata di me. "Mamma mettilo subito, mamma sei bellissima, mamma ti voglio sempre così". Ora non sarò molto attenta alla moda, ma il mio ego quel giorno era cresciuto a dismisura davanti a così tanta ammirazione di una piccola donna di 7 anni.
E quindi la feci felice e indossai subito il vestito.

Ecco, dopo 15 gg mi chiedo se non è stato quell'atto di donna civettuola a farmi finire a punture di Bentelan.

Analizzando le ultime settimane è rimasta solo questa alternativa. Ho fatto uno sforzo immane per ricordarmi che cosa avevo mangiato, dove ero stata, che cosa avevo fatto e infine che cosa avevo indossato di nuovo e solo il mio meraviglioso vestito era finito nella black list.

La mia mamy se l'è portato a casa e me l'ha lavato lei a mano onde evitare un mio ulteriore contatto e da cronache telefoniche molto concitate ho appreso di un terribile odore di petrolio che si è sprigionato a contatto con l'acqua. Gli amati genitori hanno sentenziato che la colpa è senza ombra di dubbio del "petrolchimico" alias mio abito meraviglioso. Uffa, a 35 anni sono stata sgridata perchè non l'ho lavato prima di indossarlo. Prometto che non farò mai più una cosa del genere.

Confesso, per pigrizia non ho mai lavato nulla di neo acquistato, escludendo ovviamente le tutine da neonate delle mie bamboccine. Cambierò sistema.

Per la cronaca la mia orticaria sta regredendo. Ieri sera ho avuto un solo sfogo sulla gamba. Oggi spero di non aver più nulla.Le piccole donne stanno però bene, e quando dico questo il lavoro è già fatto a metà.

Siamo alla ricerca di un nuovo equilibrio settimanale per Aribella. Quest'anno ha iniziato il catechismo ogni 15 gg di venerdì pomeriggio. Il calendario non dovrebbe apparire troppo pesante eppure le prime due volte è stata una tragedia unica.

Venerdì ci ritocca, quindi tentiamo la carta del no ginnastica ritmica il giovedì pomeriggio per vedere se può aiutare ad affrontare un venerdì migliore. Ansia da catechismo. Speriamo che cambi atteggiamento perchè inizia a diventare un po' complicata la faccenda.

Ma a dirla tutta, arrivo io il venerdì stancherrima, desiderando con tutte le mie forze un pomeriggio semplicemente a casa, perchè non lo dovrebbe desiderare anche lei? Rientri pomeridiani scolastici martedì, mercoledì e giovedì. Ritmica per Aribella martedì e giovedì. Mercoledì danza per la piccola Gnagni e Aribella rimane a leggere nel salottino d'attesa insomma se guidassi un'auto gialla avrei il mio perchè



martedì 13 novembre 2012

Tuttologie domestiche

Chi sa che cos’è una drupa?
Ieri pomeriggio sono rimasta molto impressionata. Ho ricevuto talmente tante nozioni su ulivi, olive ed olio che mi domando quanto dormissi io quando alle elementari andai in gita al frantoio. Sono quasi certa che a noi non raccontarono tutte quelle cose li.
Aribella era molto soddisfatta di insegnare alla sua mamma e fa bene.
Ogni tanto fare il saputello fa bene allo spirito. Lo sa bene il suo papà.
Il SignorP una volta ha persino avuto da ridire su come faccio la lavatrice…lui che non la sa nemmeno accendere si è permesso di dire che IO non la utilizzo mai a pieno carico.
Quella sera mi son mangiata un po’ di SignorP con patate di contorno IH IH IH IH
Ecco, no che io sia da meno vero, a casa nostra lo scettro di Tuttologhi casalinghi ce lo contendiamo con il coltello tra i denti. Sembra far parte del menage familiare, scatena delle simpatiche diatribe e rende tutti sempre partecipi di ogni aspetto domestico.
Siamo in 4 a saper trattare il parquet. Pero, io mi limito. Cantina e garage sono zone di regno del SignorP e io non metto parola. Lui invece applica la sua tecnica di Criticatutto a tutto tondo. Quando poi mi stufo e faccio presente la pesantezza dell’essere lui si ferma mi guarda e mi dice “ma tu lo sai che solo io e tuo zio sappiamo tutto” e LaEle si sgonfia velocemente come quando apri il forno col sufflé.

Il SignorP però è anche quello che è capace di dirti alla macchinetta del caffè “vuoi che vengo con te oggi dal dottore?” perché sa che in fondo al cuore, anche se non lo dici, anche se non lo vuoi nemmeno ammettere un pochino di preoccupazione per quei 3 * c’è. Forse anche lui, pur non dandolo a vedere, un pochino preoccupato lo è.
Il SignorP è così. E’ presente. Anche nella sua forma di Tuttologo è presente. Alla fine interessarsi di come cucino una lonza dandomi consigli su come lui la farebbe è il suo modo per dirmi “mi interessi tu e tutto il tuo mondo”. Mica lo cambierei il mio SignorP.

E dove lo trovo un altro che sa dirmi le parole giuste in un momento dove nemmeno io sapevo che cos’è che mi aveva fatto alzare storta stamattina?

Insomma, facciamo passare queste due ore, alla fine 3 * su 32 voci non è così male.

Piccola nota di colore della Gnagni. Stamani all’entrata di scuola vede un bimbo che ci precede e mi comunica “E’ delle farfalline e si chiama Peter…sai come Peter Pan” ed io non posso pensare che al nostro Peter Pan sia andata bene, visto che questa estate per un altro bimbo ha sentenziato “si chiama Nino, sai proprio come NIII-NOOO NIII-NOOO” (da leggere con tono di sirena). Attenzione a come chiamate i figli. Gnagni è molto sensibile all’argomento

lunedì 12 novembre 2012

Futuro e Presente

La mia meravigliosa bambina grande questa mattina va in gita.
E’ un bel modo per iniziare la settimana. Anche se fuori c’è un cielo grigio cenere e un’aria carica di umidità che rimane sospesa a metà. Pensi a novembre, ed eccolo li fuori dalla finestra.
Nelle tasche del suo piumino azzurro ha infilato una bottiglietta d’acqua, un pacchetto di cracker e 2 euro per comperare la bottiglietta di olio. Sta andando al frantoio la mia bambina con gli occhi di cerbiatta.
Ieri sera si è entusiasmata a dismisura per la visione di “Ritorno al futuro”. Guardavo il suo sorriso bucherellato e mi ricordavo come fosse piaciuto da pazzi anche a me e quanto mi ero dovuto concentrare per capire un titolo non semplice per una bambina di 7 anni.
Dal 1985 si saltava al 1955, per poi tornare indietro. Alla fine del film viaggiano anche verso il futuro quindi +30…ovvero i giorni nostri e a dire il vero di macchine volanti che vanno a spazzatura non se ne vedono in giro
Insomma, il prossimo 2015 in arrivo deve essere una bella delusione, per chi aveva messo in moto la sua fantasia negli anni 80.
Aribella mi ha detto che se avesse una macchina del tempo vorrebbe saltare avanti di altri 30 anni per vedere come sarà lei e come sarà il mondo. Lo facevo anche io questo pensiero al tempo, però la mia non era solo curiosità, me ne sono resa conto con gli anni.
Ho vissuto la mia infanzia desiderando di crescere in fretta. Ora vivo il mio presente senza nessun desiderio che passi in fretta. Però mannaggia a lui il tempo scappa via e ora lo vorrei solo fermare.
Sono consapevole di vivere un momento stupendo della mia vita. Al di la della fatica, al di la delle corse, sono felice e soddisfatta di tutto quello che mi circonda.
Spesso si tende a lamentarsi per nulla, ma la realtà è che non cambierei una virgola di quello che è il mio quotidiano.
Credo che diventare madre mi abbia permesso di aprire un capitolo della mia vita che mi ha completato. Prima smaniavo per una continua fuga. Non avevo pace, fondamentalmente non stavo bene da nessuna parte. Ci sono tanti perché che so io e basta per i quali non avevo una serenità di fondo. Invece tutto quello che io e il SignorP abbiamo costruito e condiviso, figliole comprese, mi ha permesso di creare la mia felicità. Mi piaccio come moglie, mi piaccio come madre. Finalmente mi piaccio come persona
Eppure rispetto e accetto le mie radici. Se non ci fossero loro la mia felicità finirebbe per essere spazzata via da ogni singolo innocuo temporale.
Invece sono quelle radici che hanno scavato con fatica la mia anima, che hanno anche fatto male a volte, che si sono fatte largo in una terra rossa come il cuore che mi permettono di essere consapevole di quanto sono fortunata ora.
In cucina, ho una foto di due giovani sposini, e a fianco c’è una scritta “Invecchia con me il bello deve ancora venire”. Ecco mio caro SignorP il meglio è arrivato, e non siamo nemmeno vecchi…immaginati un po’ quello che ci aspetta tra 30 anni. Non ho bisogno di una DeLorian per scoprirlo, mi basta far passare i giorni, senza fretta però, è perfetta questa lentezza intrinseca nelle giornate uggiose di novembre.
Aribella d’oro hai tutto il diritto di sognare il tuo futuro. Permetti però a questa mamma di godersi in pieno il Tuo presente.

giovedì 8 novembre 2012

Donna scassata

Sono un catorcio. Non tanto a livello fisico perché in piedi senza troppi problemi ci sto, ma sono preda di alcuni piccoli fastidi che fanno tanto male alla mia autostima che mi vorrebbe una fascinosa trentacinquenne.
Ieri sono andata dal dottore. Due importanti precisazioni, il mio dottor non è conosciuto come una persona molto loquace, ed io ogni volta che vado è matematico che perdo la memoria e mi dimentico sempre qualcosa, quindi vivo sulle spine i 5 minuti di visita

“mi dica?”
“sono 4 giorni che mi gratto come una disperata, la prego mi ordini qualcosa se no mi tolgo anche la pelle”
“dove?”
“ovunque, sia in testa che in tutto il corpo”
“ha mangiato qualcosa di diverso?”
“no” (ma non tanto convita)
“allergie?”
“acari e graminacee”
“ha fatto dei lavori particolari dove ha spostato tanta polvere? pulizie a fondo?”
“…” (ecco che partiamo…perché non riesco nemmeno a ricordarmi che cosa ho fatto???) “…non mi sembra…e ho già controllato non ho i pidocchi” giusta precisazione visto che lui si è alzato per controllare il cuoio cappelluto
“ultima volta che ha fatto le prove allergiche?”
“…” seee buonanotte, non mi ricordo nemmeno che cosa ho fatto ieri figuriamoci
“ok, rifacciamo le analisi del sangue. Ecco la ricetta, gocce e pastiglie…”
“Aspetti! Ho anche un altro problema!” yeah ce l’ho fatta…
Incrocio uno sguardo torvo di uomo che si è appena riseduto alla sua scrivania, ma mi affretto a sputar fuori il rospo prima che mi passi il colpo
“Da due giorni ho un fastidio alla gola. Non è mal di gola, è proprio fastidio. Mi da fastidio deglutire”
Si rialza, torna verso la mia sedia con la spatolina e mi spinge indietro la testa
“Ahhhhhhhh aspetti, ho malissimo alla cervicale vedo le stelle a fare questo movimento” sbraito in preda al dolore lancinante
Gli cascano le braccia e si lascia scappare “e la miseria, anche questa?” buahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh umiliazioneeeeee
“veramente questa non volevo nemmeno dirgliela, perché convivo ogni 3x2 con il mal di collo”. Me tapina tanto triste e umiliata
“avete problemi di tiroide in famiglia?” eh???? Questa mi prende alla sprovvista…
“ …” dubbio, respira e pensa LaEle, respira e pensa…Oddio non lo so e ora che gli rispondo???? “non mi sembra…non mi ricordo…mi sembra di no”
Che poi quando ci penso con un attimo di calma mentre cammino verso la farmacia le risposte le trovo nel mio cervelletto lento…ma così a bruciapelo…tse, campa cavallo

Inzzomma, esco dall’ambulatorio con l’impegnativa per le analisi del sangue, antistaminici, cortisone per il cuoio cappelluto e un biglietto per Lourdes. Ci aggiungo io una curetta di fosforo e poi siamo a posto

Che dire? Donna scassata mezza rottamata

martedì 6 novembre 2012

L'importanza di un perchè

Mia sorella Polly ha un’amica amicissima da più di 10 anni. Quelle amicizie che nascono sui banchi di scuola e che si insinuano in una famiglia contagiando tutti, genitori e sorelle comprese. Non è amica tua, ma è amica di tua sorella, e se per 13 anni hai seguito gli aggiornamenti sulla sua vita passo per passo, fa parte del tuo mondo tanto quanto un parente che non senti mai, ma per il quale ti fa piacere essere aggiornato.
Questa ragazza si chiama Alessia Bottone e scrive un meraviglioso blog danordasudparliamone

che da voce ad una generazione di ragazzi ai quali è stato negato il futuro. La mia piccola Polly la aiuta nelle retrovie.
Ale e Polly hanno 8 anni in meno di me, eppure sembra un abisso. Sono stata fortunata, i miei coetanei sono stati fortunati, nel Triveneto di quegli anni siamo stati gli ultimi a godere degli scampoli di boom economico, di contratti a tempo indeterminato post diploma, ad avere il lusso di poter anche cambiare lavoro per migliorare la propria posizione. Ci siamo potuti costruire un futuro, lavorando, mettendo da parte un piccolo gruzzolo per poi acquistare una casa con un mutuo. Abbiamo avuto i figli a 30 anni. Abbiamo respirato aria intrisa di fiducia e futuro e non ci rendevamo nemmeno conto che la palla di cristallo nella quale eravamo immersi si stava per rompere travolgendo i ragazzi che venivano subito dopo di noi. 8 anni non sono nemmeno un cambio di generazione, come è stato possibile stravolgere così il mondo? Dove si è inceppato questo meccanismo? Perché ora chi ha una laurea e un master trova solo uno stage con rimborso spese?
Non ha stabilità, non ha accesso ai mutui, non ha nemmeno il coraggio di sognare una famiglia che non sia quella d’origine che gli assicura un tetto sulla testa.
Non è giusto.
I nostri genitori ci hanno cresciuto a pane e “qui non lavora solo chi non ha voglia di lavorare”, inculcandoci due concetti fondamentali, il rispetto per il lavoro come veicolo per poter vivere con dignità una vita e il terrore di non lavorare per non cadere nell’etichetta peggiore “lo sfaticato”. Cancellare tutto questo non è possibile, è radicato dentro di noi come il “non rubare”, “non uccidere” e quindi rimane solo l’alternativa del convivere con questa nuova realtà, con tutto il peso sociale che una cosa del genere porta. Vergogna, umiliazione, smarrimento, delusione, paura del futuro e del prossimo.
Le cose non possono continuare così, io non posso pensare che questo sarà il futuro delle mie figlie. Perché se qualcosa non cambia anche loro saranno coinvolte in questa deriva.
Alessia e i suoi amici hanno lanciato la campagna dei Perché. Una foto con un perché e due domande. Tutto da pubblicare sui social network.
Ieri ci sono stati perché che mi hanno commosso, mi hanno lasciato tanta amarezza, mi hanno fatto sentire quasi in colpa.
Spero che tutti questi sentimenti possano muovere qualcosa. Se la ruota gira per noi può solo girare in negativo, dobbiamo ricordarcelo ogni santo giorno. Difendere il proprio orticello non è più la soluzione, soprattutto perché anche i nostri figli crescono e un giorno saranno loro a chiedere perché.
Ecco i miei perché:
Perché ci hanno ucciso la fiducia e ci hanno lasciato solo una cinica amarezza? Perché le mie figlie avranno un futuro peggiore del mio?

lunedì 5 novembre 2012

Voglia di imprevisto

Aribella sta leggendo un libro di Geronimo Stilton. L’amico topo va alla cascate del Niagara. Ci andrei anche io onestamente, e Aribella mi ha detto che un giorno ci andremo insieme, io e lei insieme. Dolcezza mia.

Invece venerdì, al posto delle cascate del Niagara tutta la family ha fatto il tour dei cimiteri. Primo giorno di uscita per la Gnagni, unica parentesi di sole del lungo ponte, non potevamo esimerci dall’andare a trovare i nonni ivi locati.

Aribella non era proprio entusiasta del programma. Non tanto per le camminate nei tre Campi Santi, ma per i lunghi spostamenti in macchina tra l’uno e l’altro, quindi ci informava pagina per pagina delle nuove mirabolanti avventure dell’amico Geronimo.
Finchè trova…Scheda da compilare: Programma una gita

Wow, ecco una cosa che piace ad Aribella, compilare schede. Anche a me piaceva quando ero piccola, mi dava un senso di pienezza poter riempire quei puntini che lasciavano immaginare chi sa che cosa. Si, mi piaceva quasi tanto quanto schiacciare i bottoni. Ecco, direi che dopo la soddisfazione di schiacciare un pulsante compilare le schede era la seconda attività che mi provocava una gioia semplice.

“Dai, compiliamo! Giorno…che giorno è oggi?” “venerdì 2 novembre” “ok scritto, c’è scritto dove, dove siamo stati oggi?” “Aribella, compilala un altro giorno quando potrai scrivere qualcosa di più interessante, se no ti tocca dire che sei stata ai cimiteri” “No, la faccio adesso…sono stata ai cimiteri…mamma, imprevisti, cosa sono gli imprevisti?” “quello che spero bene non succeda oggi!” interviene il signorP “quando succede qualcosa che non ti aspettavi” “e cosa è successo oggi che non mi aspettavo?” “Aribella, per il momento è filato tutto da copione, e onestamente spero che prosegua così”
“la torta che hai preparato questa mattina è un imprevisto?” ….mmm, ode alla mamma diversamente cuoca “no, è una sorpresa” anche se effettivamente può entrare nella categoria stranezze
“allora, se la Gnagni mi regala una caramella è un imprevisto?” “no è una gentilezza” e aspetta e spera mia cara, perché toccare la categoria alimenti per la Gnagni è questione molto delicata.
“ma dai, allora cosa metto tra gli imprevisti?” “Aribella, la puoi lasciare vuota, è una fortuna non doverla compilare, perché di solito gli imprevisti non sono cose molto belle” ferro, legno, cornetti e balli scaramantici.
“ma uffa, io VOGLIO scrivere qualcosa” grrrrrrr sta voglia di imprevisto inizia a darmi sui nervi.
Ultimo cimitero, ormai fa freddo e inizia ad imbrunire. Facciamo il nostro giretto, con la piccola Gnagni che inizia a dare chiari segni di insofferenza dichiarando “sono stufa di guardare fiori e foto di morti” ed effettivamente vista dalla sua prospettiva di un metro e 2 cm la visuale è proprio quella, sentiamo un tonfo sordo e ci giriamo in stereofonia verso una tomba di famiglia che sembra una chiesetta dove fotografiamo la seguente scena un sedere due gambe a penzoloni e un pezzo di marmo a terra. Ha ceduto un marmetto, un ragazzino è caduto giù, ma si è aggrappato, sua mamma l’ha raccolto, ma ha continuato a parlare al cellulare, io, il SignorP e le bimbe siamo rimasti come quattro ebeti a guardare la scena. “Cavolo, roba da farsi male seriamente, pensa se fosse stato un anziano” commento. Ad Aribella brillano gli occhi, scalpita per tornare in macchina, ora ha il suo imprevisto da raccontare. Non è che sotto la sua aria da bimbetta esplosiva ma sorniona si nasconde l’anima del reporter di cronaca nera?